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    Claudio Cirri ci parla del suo western “The Loot”

    By giubors13 Luglio 2021Updated:13 Luglio 20214 Mins Read
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    “The Loot” è il primo lavoro del toscano Claudio Cirri, un mediometraggio premiato con un Diamond Award ai California Film Awards nel 2014, interamente reperibile su youtube. La proposta è encomiabile per maturità e trasuda della passione del regista per il western. Ne abbiamo parlato con lui, in attesa di vedere il suo nuovo film, “Abigail”.

    Siamo in Arizona, nel 1876, e, sulle anche frondose di una collina senza nome, si consuma una corsa disperata. Il reverbero degli spari desta abbacinanti ricordi di fanciullezza. Coi suoi uomini, un bandito (Saverio Monni) insegue due amici, Tom e Jack (Alberto Orlandi e Claudio Cirri), in un bosco che diventa un moderno labirinto di Minosse, in cui ci si può perdere o ritrovare, metafora dell’animo umano meschino, disorientato, alla ricerca del vero. La collina va scalata con tutta la sporcizia e la nobiltà delle nostre vite e nel fitto intreccio d’alberi, al riparo dal sole, quando divampa un concerto di pistole e fucili, il senso dell’amicizia e della lealtà si riscopre drammaticamente.

    Il western di Claudio Cirri è così, imbrunito, psicologico. “Apprezzo serie introspettive – svela Cirri – come Colomba solitaria, Godless, Hell on Wheels e Ombre a cavallo, con Tom Selleck, attore che stimo per l’evidente sintonia che riesce a stabilire coi quadrupedi, protagonista di altre due pellicole che amo, Carabina Quigley e Monte Walsh, entrambe del regista Simon Wincer. Il profilo psicologico dei personaggi, il loro percorso umano, le motivazioni, lo schiarirsi delle loro ombre in momenti di compassione e soccorso, rivelano storie d’un’umanità struggente. Questo lato riflessivo del western, quello di pellicole come Hostiles e The Homesman, è ciò che più mi avvince”.

    Realizzato con budget esiguo, “The Loot” colpisce per le performances efficaci degli interpreti e i risvolti intimisti. Orlandi incarna alla perfezione l’uomo distorto da viltà e rimorsi, Monni padroneggia con maestria la sua parte, a coadiuvarli Giuliano Buccheri, Leandro Lamponi, Liviu Todericiu e Stefano Giabbani, disinvolti nei panni dei fuorilegge. La recitazione di Cirri è profonda e comunicativa. La commenta così: “E’ stata la mia prima vera prova recitativa. Ero carente nella dizione. Al netto di questo, l’espressività nei momenti cruciali è stata colta. Un difetto del cinema autoprodotto e indipendente è che forse osiamo poco, tendiamo a cercare l’attore che fa teatro, senza riflettere sul fatto che la recitazione teatrale ha delle caratteristiche diverse da quella cinematografiche e, quindi, senza vagliare correttamente il contributo di originalità che può fornire chi non ha studiato teatro”.

    Il film è stato pure presentato allo Short Film Corner di Cannes, nel maggio del 2014, e il regista ricorda con affetto quell’esperienza: “Ha rappresentato un momento di crescita fondamentale per me. Ho avuto l’opportunità di conoscere da vicino il mondo della cinematografia e la brutalità dell’aspetto della commercializzazione. Ricordo che dopo una mezz’oretta che ero allo stand italiano vidi passarmi accanto Stallone e mi sentii disorientato…”.

    Le musiche di Stefano Gargiulo, vincitrici di premi CIFF, HIMPFF e PAMA, recuperano le autentiche sonorità buckaroo, le mescolano al rock e all’immaginario nativo. Il lavoro alla fotografia di Massimiliano Boldrini e Julien Vannucchi è egregio. “Tutto è stato registrato in dodici giornate, spalmate dal I luglio al 12 settembre, più dei flashback il 10 di ottobre – ci dice Cirri -. Ho lavorato molto alla fotografia. Il mio background tecnico nasce con montaggio e ripresa. Ho, dunque, voluto decidere con attenzione quali dovessero essere i piani da cui effettuare le riprese e le ottiche da utilizzare. In postproduzione ho rivisto la regolazione della saturazione dell’immagine, affinché richiamasse alla mente le vecchie pellicole western. Ho cercato di scaldare il tutto, orientando i colori al corda e al sabbia, perché rievocassero la terra rossa dell’Arizona. Inoltre ho usato un effetto in simil 3D, inconsueto per i western, in un momento chiave della pellicola, cercando maggiore enfasi”.

    I risultati sono validi. L’essenza del mediometraggio è nelle cose non dette, nel linguaggio silenzioso delle immagini, nella nostalgia dell’innocenza andata, nel pianto che accompagna la scomparsa di un amico che pure ti ha tradito. La scrittura riflessiva non svigorisce l’azione, anzi, il movimento diventa tutt’uno con gli slanci emozionali dei protagonisti e lo spettatore si ritrova partecipe di uno scontro che avviene su due piani, quello reale, tinto di sangue, e quello psicologico-emotivo, marchiato di percezioni eterogenee. Claudio Cirri realizza un western per niente banale, spesso toccante, che trasmette sensazioni complesse. Indaga sui moti che scuotono l’animo davanti alle prove della vita, interroga la solidità di un’amicizia e del nostro codice valoriale. “The Loot” merita per questo d’esser visto.

    Angelo D’Ambra

     

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