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    Home»Recensioni»E poi C’è Katherine
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    E poi C’è Katherine

    By giubors12 Settembre 2019Updated:12 Settembre 20192 Mins Read
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    Per gli Americani (beati loro) i luoghi di lavoro sono posti ideali in cui ambientare commedie più o meno leggere come il classico Dalle 9 alle 5, orario continuato o il più recente e surreale La festa prima delle feste, forti della convinzione che se metti un gruppo di persone nello stesso posto per lungo tempo tutti i santi giorni non si uccideranno ma daranno vita a situazione buffe.

    Stessa cosa deve aver pensato la regista canadese Nisha Ganatra, che al suo debutto sul grande schermo presenta questa commedia agrodolce scritta dalla protagonista Mindy Kaling, con la fotografia di Matthew Clark (Little Evil) e le musiche di Lesley Barber (Manchester by the sea).

    Dopo 3 decenni di successi, l’autoritaria conduttrice televisiva Katherine Newberry (Emma Thompson) si trova a fare i conti con una crisi degli ascolti della sua trasmissione comica e con la giovane autrice Molly Patel (Mindy Kaling) e i suoi tentativi di svecchiare il format e di rendere Katherine più umana verso i propri collaboratori.

    Versione edulcorata de Il diavolo veste Prada (se Meryl Streep era capace di distruggere intere famiglie con la massima naturalezza in Into the wood, Emma Thompson al massimo può sterminare l’umanità per sbaglio in Io sono leggenda), il film risente sia dell’atmosfera sin troppo leggera, che nemmeno i tentativi di inserire qualche sfumatura drammatica, come le sottotrame sul marito di Katherine (interpretato da John Lithgow) o sul cinismo del mondo dello spettacolo, riescono a dissipare e del background televisivo della regista e della stessa Kaling, che non gli consente di creare una storia in grado di reggere alla distanza. Ci ritroviamo così immersi in sottotrame sconnesse e poco approfondite, quasi timorose di violare l’atmosfera politicamente corretta del racconto (forse ci si dimentica quanto la comicità debba al cinismo), in situazioni umoristiche prive di verve come quelle sulla nuova arrivata in un ufficio di soli uomini e in scambi di battute che neppure Gesù di Nazareth potrebbe resuscitare dalla banalità e dal piattume, nonostante il titanico impegno di Emma Thompson, qui veramente in grado di trasformare, nei momenti in cui è di scena, la paglia in oro.

    Dunque nulla di nuovo sul fronte della commedia, se non la conferma, che si vede proprio nei film peggiori, del talento di una grandissima interprete.

    Andrea Persi

     

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