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    Film

    Honey Boy

    By giubors14 Marzo 2020Updated:14 Marzo 20202 Mins Read
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    Il classico consiglio che solitamente si dà agli aspiranti scrittori, sceneggiatori e registi è quello di parlare di ciò che si conosce. Così Sam Mendes ha utilizzato i racconti di suo nonno Alfred per raccontare la Prima Guerra Mondiale in 1917 mentre Nicolas Cage si prepara a essere protagonista di un biopic su se stesso!!!. Shia LaBeouf, invece, ha scelto di utilizzare i propri ricordi di attore bambino per sceneggiare una pellicola dal vago sapore autobiografico diretta dalla cineasta israeliana Alma Har’el, con la fotografia di Natasha Braier e le musiche di Alex Summer (Capitan Fantastic)

    Dopo l’ennesima intemperanza fuori dal set la star del cinema Otis Lort (Luca Hedges) finisce in riabilitazione. Per il giovane la terapia diviene un’occasione per ripercorrere gli inizi della propria carriera, incominciata quando era un ragazzino di appena dodici anni (Noah Jupe) e la vita col problematico padre James (Shia LaBeouf).

    Pellicola indipendente che si sviluppa in bilico tra finzione (filmica e onirica) e passato e presente per raccontare il rapporto difficile (per non dire impossibile) tra un figlio talentuoso e un padre fallito perfino come clown da rodeo, che non intende, però, rinunciare, mosso anche dalla sorta di gelosia verso il ragazzo, al suo ruolo di figura di riferimento per il ragazzo pur non avendo altro da trasmettere che rabbia e frustrazione, contribuendo così a una crescita disfunzionale del giovane che lo conduce a odiare il proprio dono e a vederlo solo come uno strumento per avere quei beni materiali (le auto, le droghe, l’alcol) con cui autodistruggersi, chiudendo così un cerchio di una vita altrettanto sprecata come quella del genitore.

    La narrazione originale e partecipe unita alla bravura dei due protagonisti LaBeouf e Jupe, rendono il film un’opera estremamente empatica e commovente su come anche quando è troppo tardi per perdonare non lo è mai per riappacificarsi con il proprio passato.

    Andrea Persi    

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