Di Andrea Persi
Roberto Begnini ci ha insegnato che un medico che aiuta un internato solo perché risolva per lui uno stupido indovinello è spaventosa quanto uno psicopatico comandante delle SS che si diverte a sparare a inermi prigionieri dal terrazzo di casa, ma nel 1972 una narrazione della Shoah che includesse anche momenti ironici o leggeri era inconcepibile e per questo una delle opere forse più creative dell’epoca e penultimo film diretto dal comico di origine ebree Joseph Levitch, meglio noto come Jerry Lewis, è diventata anche per la successiva volontà del suo autore che lo ha definito “tremendo” uno dei tanti film perduti della storia del Cinema.
La pellicola racconta dell’immaginario clown tedesco Helmut Dorque viene rinchiuso in campo di concentramento per aver deriso la Germania e il Führer e che verrà costretto dietro la lusinga della libertà, a usare il proprio talento comico per divertire i bambini ebrei destinati alle camere a gas.
Un interessante binomio, come si vede, tra la farsa più spontanea dell’umorismo clownesco e la tragedia nella sua forma più cruda (l’uccisione in massa di bambini) che, in effetti, non entusiasmò nemmeno i pochi che lo videro come l’attore comico Harry Shearer (doppiatore, oltre che di tanti altri, anche del personaggio del clown ebreo Krusty ne I Simpson) il quale disse: “come in molte di queste opere, le premesse, o il concetto, sono migliori del risultato finale stesso. Ma vedere il film è stata veramente un’esperienza terrificante. Il film è così drammaticamente sbagliato, il pathos e la commedia vengono così malamente mescolati da essere totalmente fuori luogo, l’unica cosa che si può affermare vedendo il film è: Oh Mio Dio”
Esagerazioni o meno, certo è che Lewis ha conservato il montaggio provvisorio su una vhs chiusa in cassaforte e non ha mai voluto raccontare dove fossero i negativi del film di cui ci resta soltanto un documentario tedesco del 2016 di circa due ore (più della durata presunta del film), intitolato Der Clown contenente interviste, materiale di repertorio e la ricostruzione di scene tratte dal copione.
Il mito forse un giorno uscirà dall’oblio e comparirà in qualche festival o in rete quello che è certo è la tremenda realtà a cui è ispirato non dovrà mai essere dimenticata.