La politica non poteva festeggiare peggio la conclusione della festa del Cinema di Roma che ha visto vincitore il delicato film di François Ozon Estate ’85 con l’ennesimo Dpcm che chiude nuovamente cinema, sale da concerto, teatri e, al 50%, bar e ristoranti.
È vero che l’epidemia ha ripreso a correre e che bisogna prendere provvedimenti anche drastici ma che senso ha colpire un settore, già stremato dal lockdown di primavera e che, rispettando le restrittive norme anticovid dopo la riapertura è uno dei più sicuri?
La risposta, forse vagamente complottista è questa: il cinema non serve. Non serve in uno status quo emergenziale dove, per facilitare la gestione della pandemia, i cittadini possono uscire per andare a lavoro (anche ammassati sui mezzi pubblici) per poi tornare e starsene a casa e questo alla faccia dei dati, ribaditi oggi da Franco Locatelli, membro del comitato tecnico scientifico del governo, secondo cui l’ambito familiare e i luoghi di lavoro, sono invece quelli a più alto rischio di contagio.
Solo che più pericoloso di vessare nuovamente un settore già stremato è privare le persone di quella gioia che solo lo svago, anche quello davanti allo schermo di una sala, può dare.
Quindi attenzione a non trascurare di curare le persone per cercare di curare una malattia.
Andrea Persi