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    Home»Recensioni»Resistance -La Voce del Silenzio
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    Resistance -La Voce del Silenzio

    By giubors30 Giugno 20202 Mins Read
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    Se scrivessi “Moonwalker” pensereste subito a Michael Jackson e al pop anni ’80. Invece l’artista americano si è limitato a far suo (e a caratterizzare con la famosa camminata all’indietro) un passo di danza inventato dal mimo francese Marcel Marceau.

    E un’altra cosa poco nota di Marceau, fu il suo straordinario impegno con la resistenza francese, non solo nel combattere i nazisti, ma soprattutto nel salvare vite innocenti. Una storia oggi divenuta un film (disponibile sulle piattaforme Sky Primafila Premiere, Apple TV, Chili, Google Play, Infinity, Tim Vision, Rakuten TV, CG Entertainment e The Film Club) scritto e diretto da Jonathan Jakubowicz, per la fotografia di Miguel Ioann Littin Menz (The vast of the night) e le musiche di Angelo Milli (Sette anime).

    Nella Lione occupata dai nazisti, il giovane attore Marcel Mangel (Jesse Eisenberg) suo fratello Alain (Félix Moati) e le amiche Emma (Clémence Poésy) e Mila (Vica Kerekes), cercano di aiutare la popolazione e in particolare gli Ebrei perseguitati dallo spietato ufficiale della Gestapo Klaus Barbie (Matthias Schweighöfer).

    Nonostante alcune scene ben riuscite, come l’antefatto sulla Notte dei cristalli, la scena del mercato e quella dell’interrogatorio di Emma e Mila, la pellicola, malgrado l’impegno recitativo e anche fisico di Eisenberg si rileva superficiale e narrativamente sfilacciata in una serie di episodi presentati senza soluzione di continuità, apparentemente solo per infilare qualcosa nella storia. Ad esempio passiamo da un coro di bambini con tanto di maschietti vestiti da cardinale a Barbie che se la prende con un gruppo clown (Boh??) e ci sorbiamo uno strampalato dialogo (storicamente mai avvenuto) di 10 minuti buoni tra Marcel e lo stesso Barbie e i interludi tra il nazista e sua moglie in cui, in un momento di follia dello sceneggiatore\regista il figlio della coppia viene trasformato in una neonata di sesso femminile, per non parlare nel personaggio della bambina Elsbeth (Bella Ramsey) che nei 5 anni di tempo filmico, non cresce nemmeno di un giorno.

    A questo si aggiunga che il film, salvo qualche scena che ricorda gli istrionismi comici dei personaggi di Robin Williams, non riesce realmente a trasmettere allo spettatore (e questa sarebbe stato il suo reale punto di forza e novità) come l’arte di Marceau gli abbia permesso non solo di sopravvivere ma anche si aiutare gli altri.

    Sfortunamente, un’occasione persa.

    Andrea Persi

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