Nell’ultima sequenza del precedente capitolo il creatore della saga, Wes Craven, poneva indirettamente allo spettatore la domanda se fossero i media a creare i mostri. E una risposta, forse arriva da questo nuovo capitolo, girato 10 anni dopo che hanno visto il mitico creatore di Nightmare lasciarci e la coppia di registi Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillet prendere il suo posto
25 dopo il massacro di Woodsboro commesso dal primo Ghostface, un nuovo emulo del serial killer tormenta un gruppo di giovani della cittadina, in particolare le sorelle Samantha (Melissa Barrera) e Tara (Jenna Ortega) Carpenter, finendo col coinvolgere nuovamente Sidney Prescott (Neve Campbell), Gale Wathers (Cortney Cox) e Linus Riley (David Arquette). Ma questa volta gli scopi dell’omicida sembrano essere diversi rispetto al passato.
La pellicola si fonda sul concetto di requel (remake+sequel), termine più spaventoso di Boldi in un film di Terrence Malick, che indica un film che si svolge anni dopo ma nello stesso contesto dei precedenti, magari con gli stessi protagonisti in ruoli più marginali e che dovrebbe introdurre nuovi personaggi con cui continuare la storia e che se da un lato può attirare il pubblico dei precedenti capitoli dall’altro (lo abbiamo visto nella recente nuova trilogia di Star Wars) può farlo imbufalire se il prodotto non si dimostra all’altezza dell’originale
Questo film, invece, lo è abbastanza. I fan ameranno certamente gli omaggi alle precedenti pellicole (dalla targa di legno con scritto “Tatum” sulla mensola di Linus alla scena della ragazza che guarda brevemente un episodio di Dawson’s Creek, telefilm creato dallo sceneggiatore di Scream Kevin Williamson) e più in generale il continuo gioco di specchi tra il reale, il reale filmico e la finzione cinematografica attuato tramite i continui riferimenti ai film della serie Stab, basata sui fatti “reali” del primo Scream, ma poi rovinata da un fantomatico ultimo capitolo, nel quale Ghostface si dota perfino di un lanciafiamme che ci risulta fin troppo facilmente identificabile con la pellicola di Olpin e Gillet, i quali, come nei migliori classici slasher esorcizzano la paura (che il loro film sia brutto) con l’ironia.
Certamente però le novità latitano. I protagonisti, come da tradizione, fanno scelte scellerate dopo aver pontificato per ore sulle regole per sopravvivere negli horror, il killer continua a prendere schiaffoni a ogni aggressione da cui si riprende ogni volta meglio di Jason Voorhees (ed ecco che reale e finzione si mischiano di nuovo) e al decimo finto jumpscare e all’undicesimo spiegone il tedio rischia di prendere il sopravvento, ma nel complesso la pellicola regge fino alla fine, nonostante colpi di scena piuttosto telefonati e la recitazione della protagonista Barrera, espressiva quanto uno scaldabagno e insopportabile con suo continuo “occhio della madre” che al confronto Liù Bosisio è Ingrid Bergman.
I due registi, insomma, non tentano un pericoloso reboot della saga ma ripiegano su un buon fanservice ricco di citazioni (forse troppo per essere fruibile da tutti) che introduce timidamente nuovi personaggi dal futuro cinematografico incerto e azzardando per bocca della mitica Courtney Cox una risposta alla domanda iniziale quando commentando la nuova carneficina dice: “probabilmente scriverò d’altro”.
Andrea Persi
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